Dal 1 settembre 1978, 47 anni, dietro le mura di Regina Coeli, padre Vittorio ha incontrato più di 150.000 volti,
Volti stanchi, segnati, a volte duri… altre volte persi come quelli di un bambino.
Ognuno con una storia diversa, ma tutti con una stessa ferita nascosta: un vuoto dentro, un’insicurezza che pesa più delle sbarre.
C’è chi non parlava italiano, chi apparteneva ad altre religioni, chi giurava la propria innocenza.
Molti in attesa di giudizio, e per loro la detenzione è ancora più amara, perché vivono sospesi tra paura e speranza.
In questi cinquant’anni padre Vittorio ha imparato una cosa semplice ma potente: l’ascolto può cambiare una vita.
Non importa da dove vieni, cosa hai fatto o cosa credi: tutti hanno bisogno di qualcuno che creda in loro.
Per chi ha scelto il male, per chi si è perso, per chi sogna di ricominciare… il messaggio è sempre lo stesso:
la speranza non muore mai. Si può cadere, ma ci si può anche rialzare.
Eppure, tra le mura del carcere, non si dimentica mai l’altra parte della storia: il dolore delle vittime, che resta inciso come una ferita collettiva.
Ricordare loro è il primo passo per capire che il cambiamento non è solo possibile, ma necessario.
La sigla VO.RE.CO sta per “Volontari Regina Coeli” e vi fanno parte i volontari che prestano la loro opera a favore dei detenuti di Regina Coeli, delle loro famiglie e delle vittime del reato.