Città Poetica - BREAK POINT - Poetry

Il 21 settembre presso la seconda rotonda della Casa Circondariale di Regina Coeli il mondo interiore di chi è privato della libertà ha attraversato il muro dello stereotipo ed ha incontrato l‘anima di una città storica come Roma. Regina Coeli è parte da sempre del territorio romano, da convento del 1600 a carcere costruito pietra su pietra dagli stessi detenuti nel 1870. Roma ha sempre guardato e accolto Regina Coeli come un edificio storico parte del territorio. I Romani lo hanno sempre considerato tra i simboli della città eterna. Il brocardo “A via de la Lungara ce sta’ n gradino chi nun salisce quelo nun è romano e né trasteverino” sembra esserne la prova. Con la poesia le parole si trasformano in emozioni e sensazioni e non c’è bisogno di uscire o entrare dal portone di via della Lungara per riappropriarsi della propria individualità. Se, come diceva Honoré de Balzac, per giudicare un uomo bisogna conoscere il segreto delle suo pensiero, delle sue sventure, delle sue emozioni, allora la poesia è per tutti, perché le emozioni sono parte dell’uomo . Le parole diventano musica e il suono  non ha barriere. La poesia “è il più bel volo che la libertà possa fare all’interno di una cella….” scriveva Faraj Bayraqdar, giornalista siriano arrestato dai servizi segreti del regime  nel 1987. Attraverso la poesia l’anima di chi scrive si rivela nella sua essenza. La poesia ha la forza di rompere le categorie per  riaffermare l’identità di ognuno perché la persona non è mai tutta nel gesto che compie, buono o cattivo che sia (Silvia Giacomini) . Curare un progetto come quello di organizzare laboratori di poesia durante l’estate per i detenuti di Regina Coeli è stato veramente un dono. Non si è trattato solo di insegnare tecniche di metrica ma di sentire la propria anima e tradurla in parole, donando ad altri una parte del proprio sé. Il carcere per antonomasia viene percepito come “non luogo”, come luogo dell’esclusione ed invece è parte integrante del territorio, inserito, a tutti gli effetti, nel tessuto cittadino. Aver  dato il proprio contributo artistico nell’ambito delle manifestazioni dell’estate romana ha avuto per i detenuti una valenza molto positiva. Il reading poetico che li ha visti affiancati ad altri poeti urbani non reclusi, ha contribuito a lenire il senso di solitudine e di isolamento ed il disagio della segregazione. Durante la lunga e calda estate, Patrizia Chianese, attraverso il laboratorio poetico, ha promosso spunti di riflessione ed incentivato le capacità espressive dei ristretti. Molti si sono scoperti poeti e nell’esercizio della poesia sono riusciti a tirar fuori emozioni sopite che altrimenti non sarebbero mai venute alla luce. Il percorso è stato significativo e commovente. I detenuti, soprattutto in un periodo dell’anno che acuisce il senso di emarginazione, sono stati impegnati in un disegno che li ha visti parte attiva di un più ampio progetto condiviso con il mondo esterno e nel quadro del trattamento rieducativo e di sostegno ha avuto fondamentale importanza. Per tutto questo, siamo grate a Patrizia Chianese che per Roma Centro Mostre si è occupata in prima persona della realizzazione del progetto, al Comune di Roma, alla SIAE e a Vo.Re.Co Volontari Regina Coeli. Durante questa avventura tutti abbiamo sognato, ma forse vivere dentro i propri sogni vuol dire essere più svegli che mai!   Silvana Sergi, Direttore   Anna Angeletti, Vice Direttore Margherita Marras, Capo Area Giuridico- Pedagogica   _______________________________________________________________________________ FORZA DEI VERSI Il momento vissuto nella “Rotondina” di Regina Coeli il 21 Settembre u.s. è stato bello e, emotivamente, molto sentito. Si trattava dell’ultimo atto di un cammino estivo che ha visto ogni giorno Patrizia Chianese varcare l’austero portone di Via della Lungara per ritrovarsi con i ragazzi delle varie Sezioni per aiutarli a  “fare poesia”. A disposizione: un quaderno, la penna e tanta voglia di cimentarsi a mandare giù qualche verso su tematiche che toccano da vicino la propria storia, l’esperienza quotidiana tra le mura del carcere, il mondo degli affetti. Sì, proprio come succede a tutti i poeti. Ma scrivere poesie dietro le sbarre è un’altra cosa. Ci sono filtri che non scompaiono quando si “fa poesia”: sono la mancanza di libertà, la lontananza dei propri cari, il peso dell’intricata macchina della giustizia. Quando si comincia a gettare giù qualche verso non si può prescindere da essi. La poesia, si sa, è la modalità espressiva che inchioda chi scrive: non si può fingere, non ci si può mascherare. I versi fanno venire a galla il “profondo” di se stessi, danno l’angolazione personale con cui si coglie la realtà. Il “Laboratorio poetico” ha detto proprio questo; le poesie hanno toccato tutti i temi, ma quasi in tutte si avverte l’”odore del chiuso”; chi scrive  porta nel cuore la nostalgia delle cose belle che non può avere. Per questo motivo esse sono vere, sono belle, parlano al cuore. Si canta, in primo luogo, l’amore. Esso risiede nel cuore e il cuore nessuno lo imprigiona: è sempre libero e sempre in grado di sfidare tutto e tutti. Sulla sua onda si fanno viaggiare i ricordi, i sogni, le nostalgie. Amedeo descrive il primo tenero abbraccio che ha aperto un cammino che, passo dopo passo, ha portato alla scoperta che l’altra è “il solo amore” che riempie la vita. Francesco Ca. ricorda la tenerezza, intessuta di dialogo e di ascolto, attraverso la quale “lei” ha fatto breccia nel suo cuore  ed ora vi rimane in pianta stabile, salda come una roccia. I versi di Maurizio C. sono delicati ed esprimono quasi una linea poetica da “dolce stil nuovo”. In una ipotetica serie di situazioni in cui si potrebbe trovare, “lei” sarebbe sempre là al vertice della bellezza, della perfezione di ogni realtà. “Se fossi prato, saresti il fiore più bello…se fossi cielo, saresti sole.. ”. Leggere i suoi versi è come ascoltare il mormorio di un fiumiciattolo che scende a valle tra i sassi. Versi belli, sfumati. Poi, la libertà. Sognata, attesa, rimpianta. Alessandro G. sbircia dalla finestra e vede librarsi nel cielo i gabbiani. “Vorrei essere come loro….per vedere la libertà quella vera”, annota con spontaneità. Nelle sue tre brevi strofe sono messi in contrapposizione i due mondi, quello della libertà, richiamata dal cielo, dal volo dei gabbiani e “lo stare al chiuso”. Il “chiuso” non è riferito solo allo spazio fisico, anche a quello; ma, più ancora, all’insieme di valori spenti o persi: la libertà, la presenza dei genitori e degli amici, il divertimento, la dignità… Tutto si lascia alle spalle quando si varcano certi cancelli. Infine, mi piace sottolineare i volti, quelli delle persone care che irrompono nel momento della riflessione. Maurizio T. non può scrollarsi di dosso lo sguardo della madre mentre veniva portato via da casa per essere condotto a Regina Coeli. In essi, egli lesse allora, e continua a leggere ancora, l’immane sofferenza che pesa sul cuore di una mamma quando vede, impotente, il negativo che investe la vita del figlio. Da detenuto Giovanni M. ripensa i  rapporti con il padre, uomo austero ma buono, dal quale troppo presto, negli anni giovanili, egli si era allontanato, e, con le sue scelte, aveva  alzato steccati enormi tra sé e il genitore. E sogna un giorno di incontrarlo, per chiedergli perdono, per avere l’opportunità di accoccolarsi ai suoi piedi ed ascoltarlo a lungo, di parlargli, di spiegargli. “Oggi – scrive – ti penso spesso… certo del tuo perdono e della paterna benedizione”. Non poteva mancare nei componimenti un riferimento al “mostro” che aleggia minaccioso sulla vita di tanti giovani. Alessandro C. lo qualifica con coraggio “maledetta cocaina”. Per finire. La lettura dei testi lascia dentro delle sensazioni. La prima tra queste è relativa all’esperienza detentiva: di essa si parla poco in modo esplicito, ma è come una coltre nera che avvolge tutto. La seconda è l’idea forte che viene trasmessa dai versi: è il sogno di un domani diverso e migliore. L’arte in genere, ma la poesia in particolare, ha la forza di seminare speranza e aprire orizzonti di luce anche su percorsi bui e tortuosi. Grazie, poesia. Padre Vittorio Trani Cappellano Regina Coeli Presidente Vo.Re.Co.

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