Intervista P. Vittorio a SEAC

Intervista a Padre Vittorio

«Io in carcere incontro l’uomo, non l’assassino»

padre-vittorio-trani-300x196

di Claudia Farallo.

 Padre Vittorio Trani, cappellano di Regina Coeli, ha concesso un’intervista  a IntelligoNews per commentare, forte dell’esperienza di una vita in carcere, il caso  del serial killer fuggito a Genova durante un permesso premio. E ci racconta la sua  verità sui permessi premio.   Cosa pensa del caso del serial killer fuggito durante un permesso premio a Genova? «Credo sia un fatto straordinario. C’è da sottolineare che, stando a distanza, è un po’ difficile capire la realtà, che probabilmente è più complessa di quella che ci possono dare le piccole notizie. Ma a fronte del caso questa persona, che crea qualche perplessità, c’è un fiume di gente che oggi usufruisce delle misure alternative mantenendo una linea di correttezza e che può così rimettere le basi della sua vita». Sembra che tra i vari soggetti coinvolti non ci sia un parere unanime su questa persona. «È qui il rebus. Non si capisce come oggi, con un computer riporta vita, morte e miracoli di una persona, si possa non avere il quadro generale. Si rimane perplessi, perché con gli strumenti che abbiamo oggi queste cose si possono tranquillamente evitare. Come sia successo dovrà essere verificato». È possibile che non si sapesse che il detenuto in questione fosse un omicida? «Se fosse così, vorrebbe dire che c’è stata una superficialità nel procedere e quindi delle responsabilità. Ma i giornali purtroppo non sono fonti di verità, ma cercano di ricostruire un po’ a mozzichi la realtà». Nella sua attività quotidiana, quando parla con un detenuto conosce la sua storia? «Nel mio ruolo non sono tenuto a farlo. Io incontro l’uomo. La sua storia, poi, dovrà ricostruirla con le persone che devono conoscerla dal punto di vista del ruolo istituzionale. Ma, in genere, quando c’è fiducia la persona si apre e in qualche modo si accoglie la sua storia. Quando invece dovessi occuparmi più in modo diretto di un caso, lì nasce il dovere di conoscere la storia. Ma abitualmente no». Una persona in carcere può riuscire a nascondere elementi che si rivelano solo una volta fuori? «Questa può avvenire in tutti i contesti della vita, non solo nel carcere. Ogni giorno c’è chi riesce a nascondere una doppia personalità e a mettere nei guai la gente che si fida. È nello stile dell’uomo arrivare anche a questi eccessi. Nel carcere, questo è possibile, ma a mio avviso non sempre facile. Ovviamente, ci può essere l’eccezione». Le perizie psichiatriche e gli incontri con gli psicologi in carcere sono uno strumento efficace? «Ho le mie perplessità su questi incontri di un quarto d’ora o mezz’ora, perché è difficile che in questi colloqui si possa capire in profondità una persona. Sono strumenti che a mio avviso vanno colti anche con i loro limiti. Le verità che ne escono sono indicative, ma non gli darei ulteriore valore». Come giudica lo strumento del permesso premio? Può portare a delle criticità? «Questi fatti negativi legati al permesso premio sono molto, ma molto, ristretti. Nella stragrande maggioranza dei casi, invece, è veramente un percorso positivo per l’esperienza della persona. Vediamo chiaramente che è una finestra che si apre sul mondo per una persona che è detenuta, e questa è una premessa importante per il futuro. Quelli negativi sono fatti eccezionali, che capitano non solo in carcere ma in qualsiasi altro contesto». Come giudica il sistema di comunicazione legato ai permessi premio? «Funziona, ma molto in questi casi è legato alla persona che in quel momento si trova a gestire certi passaggi. Vedo persone che svolgono questi ruoli e hanno un’attenzione straordinaria e altri che, forse perché sono da tanti anni dentro e ormai sono demotivati, possono arrivare anche a leggerezze, che poi pesano». Come si potrebbe migliorare? «Siamo italiani, e sappiamo che abbiamo una prassi burocratica veramente appesantita. Il solo fatto che non vi fossero troppi protagonisti nell’ingranaggio gioverebbe a tutti. Questa prassi così complessa, tra pareri e sottopareri, rischia di creare qualche sbavatura come quelle che, se confermate, stiamo lamentando».
http://www.volontariatoseac.it/category/regioni/lazio/

Ricerca

Categorie

Vo.Re.Co.

La sigla VO.RE.CO sta per “Volontari Regina Coeli” e vi fanno parte i volontari che prestano la loro opera a favore dei detenuti di Regina Coeli, delle loro famiglie e delle vittime del reato.

Contatti

  • Vo.Re.Co.
  • Via della Lungara, 141/a
  • ROMA 00165 (RM)
  • +39 0668301193
  • info@voreco.it

Dove siamo


Privacy Policy | Cookie Policy
Copyright 2024 Vo.Re.Co | Code & Design by  Sea Digital Agency