Una persona su quattro in Italia vive una qualche forma di povertà. Per la prima volta nella storia di Caritas sant’Antonio, i frati dedicheranno il progetto 13 giugno alle famiglie in difficoltà assistite dalle realtà francescane d’Italia.
Sono le 7.00 del mattino. La piccola chiesa di San Giacomo su via della Lungara, a Trastevere, è impastata di silenzio e di penombra. Al fondo, un uomo magro è in ginocchio con le mani sul viso, un altro è abbandonato a capo chino su una sedia accanto alla porta. Altri entrano a passo felpato, nell’atmosfera sonnolenta, fino agli altari laterali, dove campeggiano due ciabatte elettriche zeppe dei fili dei cellulari. Quasi a simboleggiare che quello è tempo di ricarica, fisica e spirituale, dopo una notte passata all’addiaccio sotto i ponti o gli androni della Città eterna. «Stanno aspettando la colazione, siamo gli unici a Roma a offrirla», spiega fra Vittorio Trani, decano dei cappellani del vicino carcere di Regina Coeli, figura carismatica a Trastevere, conosciuto in tutta Roma per la sua dedizione ai poveri, condivisa con i sette confratelli del convento.
Dopo il covid le richieste di aiuto si sono moltiplicate, non solo ex detenuti e senza fissa dimora, zoccolo duro degli «ospiti» dei frati, ma famiglie che, pur avendo una casa, non hanno i soldi per mangiare, per vestirsi e neppure per curarsi, uomini divorziati, persone sole, preda di qualche dipendenza o forma di malattia mentale. Nel convento dei frati, scavato in parte in ciò che resta delle antiche navate laterali della chiesetta, quasi fosse una grotta in una roccia santa, il centro di accoglienza ospita ogni giorno questa strana famiglia.